venerdì 19 agosto 2016

FERIE !!!

... ed è arrivata l'ora anche per me, buona ultima mi par di capire....
oggi ultimo giorno di lavoro, da domani due settimane di vacanza


Vacanza....oddio.
Quest'anno come i più sanno non andremo da nessuna parte, perché il Ric ha gli esami giusto in mezzo alle mie ferie quindi, come si suol dire, ciaone proprio.


Non mi sconvolgeva in effetti l'idea di passare le ferie a casa, ma ora che si avvicina il momento sono meno ottimista sulla buona riuscita dei prossimi 15 giorni. Continuo a vedere foto di gente sorridente e spriz-munita su spiagge incredibilmente bianche fronte mare incredibilmente blu che mi fanno venire una certa orticaria alle parti basse che non ho.....


Ma che volete farci.
Così è la vita.


Ci sentiamo prossimamente! Baci a tutti.





mercoledì 10 agosto 2016

CICCIOTTELLE, KILT E LA SOCIETA' MASCHILISTA

ok, cambiamo discorso.
Ieri ho scatenato un mezzo vespaio in facebook ma vorrei comunque proporre i miei 2 centesimi di ragionamento anche qui.


L'argomento è la polemica suscitata dall'ormai famigerato titolo di QS sulle "cicciottelle" del tiro con l'arco.




Ora. Premettendo che chi mi conosce sa che sono piuttosto attiva nel tentare di arginare tutta questa mentalità becera e biacamente sessista che vuole le donne considerate soltanto per il loro aspetto fisico, così come qualunque tipo di mercificazione e discriminazione su qualunque base.... ora, dicevo, mi domando: ma non è che 'sta cosa la stiamo gestendo un po' male?
Perchè si, è indubbio: il titolo è infelice e chi l'ha pensato e/o autorizzato un coglione, e non si discute. Ma in tutto ciò, non rischiamo di fare body shaming anche noi, considerando la parola "cicciottella" come un insulto e dandole quindi noi per prime, noi "attiviste", proprio quel connotato negativo che cerchiamo in altri ambiti di scoraggiare?


No, mi si risponde, perchè questo è il solito vecchio modo di giudicare una donna - qualunque donna e qualunque siano i suoi meriti - solo in base all'aspetto fisico. Vero. Infatti ho detto: quello li è un coglione. Ma io ho il dubbio che sollevando il polverone che è stato sollevato non si sia fatto altro che dare importanza e visibilità a qualcosa che meglio sarebbe stato ignorare sdegnosamente e lasciar scemare. Anche perchè ora si che quelle povere tre atlete, che si sono fatte il mazzo per anni per raggiungere il loro risultato, saranno ricordate per quel titolo e non per le loro gesta atletiche.


L'indifferenza, la vecchia cara indifferenza, intesa non come menefreghismo di quanto ci succede intorno, ma come lo sguardo sdegnato di superiorità con cui ci si approccia agli ignoranti e si passa oltre, senza soffermarsi il tempo sufficiente per far loro credere di avere una qualche minima rilevanza nel grande disegno cosmico che tutti ci accomuna.
Altrimenti detto: non sei degno nemmeno di uno sputo, pirla.


Ciò premesso vorrei spingermi anche oltre, a rischio di strali e maledizioni, e sempre rivendicando il mio "attivismo" in argomento.
Ho scritto: questo è il solito vecchio modo di giudicare una donna (...) solo in base all'aspetto fisico
E lo ripeto: è una pratica orrenda e sessista che andrebbe in ogni modo soppressa.
Ma siamo sicuri che riguardi solo le donne?
Perchè io ho letto anche un articolo, ad esempio, sugli attributi dei nuotatori in Speedo, con tanto di foto di pacchi in primo piano ben ben evidenti, ma non ho sentito cori di protesta ne assistito a insurrezioni popolari. Qualche sorrisetto scaltro, tuttalpiù, una o due esperte valutazioni volumetriche.
Se avessero fotografato la patata della Pellegrini saremmo tutti in piazza coi forconi e le torce.


Vero è che la situazione comunque riguarda più le donne che gli uomini, è un dato di fatto che abbiamo vissuto e viviamo in una società ancora molto maschilista ma tanto per fare un esempio... a me piacciono gli uomini in kilt. Fatevi un giro sulla mia pagina Facebook. Mi piacciono, che devo dirvi. Pubblico ludicamente e con gran soddisfazione fotografie di questi manzi mezzi nudi con la gonna (e sotto presumibilmente niente) e non è che mi soffermi a pensare se siano professori con un dottorato in fisica quantistica o pionieri della cardiochirurgia.
Al limite, mi soffermo a contargli i muscoli addominali, se proprio devo.
E non sono sessista io in quel momento?
Non sto mercificando il corpo maschile per il mio bieco tornaconto?


E aggiungo: io faccio questo, ma se mio marito si azzarda a "likare" una foto di una gnocca in bikini mi riservo di dargli dello sporco maschio sciovinista e di incazzarmi come una pantera con lui, con quello che l'ha pubblicata, con tutti quelli che l'hanno commentata e con il signor Facebook che lo consente.
E non è doppio standard anche questo?


Quindi, venendo al sodo, tutto questo per dire che ci sono questioni e questioni, momenti e momenti.
Alcune volte si può farsi una risata - o rilustrarsi gli occhi - senza per questo minare le fondamenta stesse della dignità umana.


Resta che quel titolo fa cacare, e le dimissioni del direttore di QS ci stanno giusto bene.



martedì 9 agosto 2016

DI COLPE

Non so se sono io o se è cosa comune a tutte le madri, ma ho sempre avuto la sensazione di essere colpevolizzata per tutto.
Fin da quando i bambini sono piccoli, se non mangiano è colpa della mamma (come minimo il suo latte non è abbastanza nutriente), se non cacano è colpa della mamma che non li fa mangiare
bene, se si ammalano è colpa della mamma che non li copre abbastanza (o troppo), o che li manda all'asilo a contagiarsi perchè lavora, 'sta sciagurata invece che stare a casa a badare alla prole.
Quando poi entrano in comunità... addio. O il bambino è un angelo caduto giù dal cielo con tutte le ali, o ti saluto. Se hai la (s)fortuna di avere figlioli di carattere... e io ne ho due... sei fregata.
E' tutto un "eh, certo che tuo figlio......." e lo dicono come una roba brutta, come un insulto. "Tuo figlio", è sempre "tuo figlio" non Riccardo, non Lorenzo. E' la tua appendice, la tua creatura, quello che tu hai forgiato. Lo specchio delle tue colpe e carenze come genitore.


Il Ric, all'asilo, a un certo punto ha iniziato a menare tutti.
Considerando la grandissima cura con la quale è stato cresciuto (che il Nin se la sogna, poveretto) e il fatto che la prima sberla deve averla presa attorno ai 12 anni, direi che la violenza non l'aveva decisamente imparata a casa. Ciò nonostante era etichettato, e noi con lui. Hai voglia a spiegarglielo, alle maestre. Poi vieni a sapere che in realtà lui sta facendo quello che ritiene giusto: non mena indiscriminatamente, ma prende di mira i più grandi che danno fastidio ai più piccoli. Devo proteggere i più deboli, mamma. Certo che non si picchiano i bambini, ma delle motivazioni chissenefotte, colpa mia, la violenza l'aveva sicuramente appresa dalla tv, giacchè gli lasciavo guardare film altamente inopportuni, tipo Superman (per non parlare di giocare alla lotta col papà, tragedia, suo marito deve smettere signora! ma puoi?)
Questo, il secondo anno. Il primo invece le prendeva di santa ragione al punto che non voleva più andarci, all'asilo, ma nessuno mi ha mai  detto nulla di questo, dovevo saperlo da lui direttametne, salvo qualche allusione al fatto che insomma, bisogna insegnare ai bambini a difendersi, se sono deboli di carattere evidentemente è perchè a casa...


A scuola uguale: era vivace, colpa mia che non gli insegnavo la disciplina. Era distratto, colpa mia che non gli insegnavo a concentrarsi. Era svogliato, colpa mia che non gli trasmettevo il senso del dovere. Come mai non sia mai stata "colpa" mia anche che fosse intelligente, brillante, sveglio, simpatico, spiritoso e arguto, questo non saprei dirlo. Solo un insegnante, su decine che ne ha avuti, mi ha parlato di lui in questi termini, senza soffermarsi solo sui suoi difetti ma evidenziando anche i pregi. Contando la materna, ho dovuto attendere 10 anni prima che avvenisse. Quasi svengo.


Se poi quando arrivi alle scuole di grado maggiore non studia...... allora li si che si apre il cielo. I figli vanno seguiti. Ah si? Pensa non avrei detto. Il ragazzo è indisciplinato. Cioè? Tipo insulta, picchia, rovina la proprietà scolastica, è maleducato, è arrogante.... no sa... chiacchiera un po' troppo... e poi interrompe la lezione facendo battute spiritose!!! Ah niente, li allora non c'entro io, è colpa
di suo padre, è lui lo spiritosone in famiglia. Meno male, almeno questa l'ho sfangata.
Faniente che aveva una media alta e che alla fine è uscito con 9.
Era sempre in difetto per qualcosa, e io con lui.


E sapete una cosa: su questo, a un certo punto, ho ceduto. 
Ho sbagliato. Tutto, ho sbagliato. Stavolta è davvero colpa mia!
Non saprei dire esatamente quando sia successo ma direi in epoca di scuole medie. Mi sono lasciata convincere. Mi sono lasciata convincere che ci fosse qualcosa che non andava in MIO FIGLIO, la mia creatura, quello che io ho forgiato. Sono venuta meno ai miei doveri perchè non ho saputo difenderlo da chi lo considerava solo la somma dei suoi voti scolastici - cioè tutti.
E ho agito di conseguenza, HO AGITO DI CONSEGUENZA, sgridandolo, punendolo, facendo ruotare tutto attorno alla scuola. Perchè la scuola è la cosa più importante. E' vero, lo è: istruirsi è fondamentale. Ma si può essere incoraggiati a farlo, oppure incontare persone che te lo fanno odiare. E se Riccardo sprecherà il suo cervello di primissimo ordine, sarà colpa anche di queste persone, me inclusa.


E ora che la strada è tracciata, ci troviamo in questa situazione, una situazione dove lo abbiamo portato con le aspettative e le pretese che abbiamo sempre avuto su di lui, e che incrociando ora il risveglio ormonale e l'idiozia dell'età ha fatto il danno. Che forse è irreparabile.
Non gli frega niente questa è la verità. Non gli importa della scuola, non gli importa di essere promosso o bocciato. Me lo ha detto lui. Ma non lo ha fatto durante un litigio, come sfida. Lo ha detto chiaramente, candidamente, una mera presa di coscienza della situazione. Almeno è stato onesto. Quanto di questo menefreghismo è dovuto alla sua pigrizia, e quanto a tutto il resto?


Ormai non possiamo fare niente altro che provare a indicargli la via giusta.
Questo, a dire il vero, è quanto è concesso a qualunque genitore di adolescente, indipendentemente dalla strada da cui proviene. Ne parlavamo giusto l'altra sera, col papà di una amica del Ric, diciassettenne oggi. Lei, uguale a lui: poca voglia, tanto divertimento, distratta, disordinata...due materie a settembre. Un filo meno arrogantina di come si dimostra il Ric ultimamente, ma mettici anche che tra maschi e femmine un po' di differenza in questa fase c'è. Lui diceva questo: posso solo farle vedere quale è il modo giusto, poi sta a lei intraprenderlo. Noi non possiamo fare altro.


Spiegre, spiegare, spiegare sperando che qualcosa passi.
Insistere, non scoraggiarsi.
Non perdere la calma... anche se a volte è molto difficile.


E sperare in bene.



venerdì 5 agosto 2016

DIALOGHI IMMAGINARI - Outlander, la paternità.

Claire guardò per la milionesima volta John Gray chiedendosi cosa ci fosse in lui che la irritava tanto.
La sua presenza al Ridge sembrava stranamente incongrua, Lord John riempiva la sala da pranzo della casa principale con la sua mera presenza. Non che facesse nulla di particolare. Se ne stava semplicemente seduto, tranquillo, e si guardava attorno interessato come se volesse appropriarsi di tutti i dettagli dei mobili, delle travi del soffitto, delle pietre del camino. Claire avrebbe voluto considerarlo il segno dell' arroganza di un uomo abituato a frequentare castelli e manieri, ma anche con un grosso sforzo di fantasia non si poteva trovare nulla di arrogante nell'espressione del suo viso. Sembrava piuttosto intento, estatico. Claire pensò acida che probabilmente stava cercando di immaginare Jamie alle prese con la costruzione di quel tetto, o appoggiato morbidamente a quei mobili ed ebbe un moto di stizza, che placò immediatamente con un atto di pura volontà. Si rendeva conto che nonostante tutto non poteva essere gelosa di lui, e naturalmetne non poteva nemmeno fingere di non comprendere il fascino che suo marito poteva esercitare su un altro essere umano. Dopotutto, ne era stata e ne era tuttora preda lei stessa.
E lieta di esserlo, se dobbiamo dirla tutta.
Il giovane William, Sua Signoria, sedeva poco discosto da Bree e giocava con Jem sulle ginocchia. Era un bel giovane alto, riccio anche se non rosso di capelli, col naso lungo e dritto, e degli inconfondibili occhi. Sembrava molto a suo agio. Il piccolo gli stava indicando orgoglioso le sue vroom, che William chiamava semplicemente carretti, con gran offesa del bambino che gli mostrava il broncio. Ridevano entrambi di gusto, e Bree li osservava attenta. Naturalmente: lei sapeva cosa stava guardando. Claire era oltremodo sorpresa che William non avesse dato segno di essersi reso conto della straordinaria somiglianza al primo sguardo, come invece aveva fatto Brianna. Forse dopotutto era vero quel che si dice sullo spirito di osservazione degli uomini, comparato con quello delle donne... ma Claire non avrebbe scommesso un solo grammo di malto che fosse totalmente ignaro.


All'improvviso Jamie fece capolino dalla porta del suo studio, dove si era chiuso subito dopo cena per scrivere alcune lettere urgenti, interrompendo i suoi ragionamenti. Passò velocemente in mezzo alla sala da pranzo tenendo il viso basso e si scusò nuovamente, ma aveva da governare gli animali nella
stalla prima di notte. Sparì fuori dalla porta prima che chiunque potesse alzare gli occhi e guardarlo. Claire sapeva che intendeva rimanere il meno possibile nella stessa stanza con William, dove chiunque avrebbe potuto vedere quanto era ormai talmente evidente da non aver bisogno di spiegazioni. Sapeva anche che era una precauzione probablmente ormai priva di qualunque utilità, così come doveva saperlo anche Jamie. Ma finchè nessuno diceva una parola in argomento, tutti potevano fingere di non sapere nulla e continuare con la propria vita come se niente fosse. Per Lord John questo significava conservare la serenità mentale, per William mantenere titolo proprietà e ricchezze. Per Jamie... era un altro discorso. Intravvedendolo con la coda dell'occhio, Mrs Bug, che si stava affaccendando nel rassettare la cucina,  gli aveva rivolto uno sguardo severo, chiaramente scioccata che si comportasse in maniera così maleducata con ospiti di riguardo come Lord Gray e il giovane Conte, ma Jamie non aveva staccato gli occhi dalla punta dei suoi stivali e non aveva colto il silenzioso rimprovero.


William sollevò il suo limpido sguardo azzurro e guardò lievemente accigliato la porta chiudersi alle spalle di Jamie. Posò Jem in terra, il quale mostrò tutto il suo sdegno producendo alcuni irripetibili versi gaelici imparati dal nonno.
- Bene - disse, sorprendendo tutti - con il vostro permesso mie signore, padre, vorrei scambiare due parole con Mr Fraser
Si alzò e, sorprendentemente, tolse la giubba rossa della sua divisa posandola sulla sedia. William aveva appreso da Lord John un certo gusto per il comportamento impeccabile e la buona educazione, e per lui, come per John, uscire senza giacca era già di per se peculiare. Certo, non peculiare quanto il fatto stesso di seguire Jamie per parlargli da solo. Claire ne fu piuttosto sorpresa, ma Lord John era visibilmente impallidito, pur riuscendo comunque a mantenere il proprio abituale contegno annuendo a William in segno di assenso.
- Oh ma certo, Milord - aveva invece cinguettato Bree, ricevendo uno sguardo risentito da Jem che perdeva il suo compagno di giochi e da Claire che considerava il suo interesse per William estremamente pericoloso, per quanto comprensibile.


William sorrise e uscì. La serata era calda e i grilli la riempivano di gioiosi fruscii.
Jamie stava lavorando nel granaio alla luce degli ultimi raggi del sole, e si affrettò, per abitudine più che per buona educazione, a  rimettersi la camicia quando vide William andare verso di lui. Non aveva mai piacere che la gente vedesse la sua schiena segnata, e meno che mai la avrebbe mostrata a una giovane giubba rossa che oltre tutto era..... no, i suoi pensieri non potevano prendere quella direzione.
- Buona sera Mr Fraser, bella serata - esordì William cortese
Jamie sorrise ma restò discosto, sorpreso quanto Claire dalla presenza di William. 
- Davvero una serata particolarmente tiepida, per questa stagione, Milord. - rispose educatamente
- Mr Fraser... uhm, potrei avere qualche minuto del vostro tempo? Vorrei scambiare qualche parola con voi, se me lo permettete.
- Con piacere, Milord, come posso esservi utile?
- Oh, no no, per favore. Non c'è bisogno di essere così formali, almeno non in privato. Sarei lieto se voleste chiamarmi semplicemente William
Jamie sgranò gli occhi e sentì un brivido lungo la schiena. Trovarselo davanti per una conversazione a quattr'occhi era già sufficientemente singolare - e in parte emotivamente difficile - senza che aggiungesse altra legna sul fuoco sollecitando una confidenza del tutto inattesa data la natura forzatamente superficiale dei loro rapporti. Rispose comunque con eguale cortesia, non senza sentirsi lieto e preoccupato in parti uguali dalle parole di William.
- Sarebbe un onore per me. Naturalmente mi onorereste ancora di più ricambiando e chiamandomi James.
- James? Oh no, Mr Fraser, perdonatemi ma non potrei chiamarvi James. Questo nome non ha alcun significato per me.
Jamie lo guardò perplesso, non capendo il senso di quel commento. Ma prima che potesse formulare una domanda sufficientemente educata, William proseguì.
- Mr Fraser, voi sapete che John Gray non è mio padre?
Jamie si voltò di scatto
Cristo, parliamo di questo, quindi? Padri e figli? La fronte gli si imperlò leggermente, mentre lo guardava dritto in quegli occhi così familiari, con una punta di severità
- No, no, non fraintendetemi - proseguì William equivocando - John è mio padre a tutti gli effetti, mi ha cresciuto e non avrei potuto desideare un padre più giusto ed amorevole. Intendevo dire che... ecco, che non sono il frutto dei suoi lombi.
- Si, Mil... William, ne sono al corrente - rispose Jamie cauto.
- Lo immaginavo. E avete conosciuto mia madre.
Questa non era una domanda. Jamie non sapeva esattamente cosa John gli avesse raccontato a riguardo al modo in cui si erano conosciuti e al motivo per il quale Jamie aveva passato 10 anni della sua vita nella casa dei nonni di William. Ritenne perciò più prudente mantenersi sul vago.
- Si, ho avuto brevemente questo piacere.
- Com'era? La ricordate?
Allora è questo? Solo il desiderio di parlare con qualcuno che ha conosciuto la madre lui che non ha mai visto? Signore fa che sia così! 
- Oh beh, si, la ricordo, anche se non la conoscevo bene. Era molto bella e molto giovane a quei tempi, ma temo di non potervi dire molto più di questo. Sono certo che sarebbe stata una madre amorevole, se ne avesse avuta la possibilità.
In realtà la ragazza era stata piuttosto viziata ed arrogante, ma non vedeva motivo di renderglielo noto.
- Grazie, Mr Fraser. E suppongo conosceste anche il Conte
Il Conte?  Un altro brivido lungo la schiena, più prolungato stavolta.
- Ebbi una sola occasione di vedere il Conte vostro padre - rispose Jamie badando a mantenere la sua più perfetta espressione impassibile - ma sono spiacente di dovervi dire che non lo conoscevo affatto.
Girò cautamente il viso verso William, per trovare i suoi occhi fissi su di lui, in maniera che John avrebbe considerato piuttosto maleducata da parte di un giovane verso un uomo col doppio dei suoi anni. Lo stava guardando intensamente, ma senza sfrontatezza, e Jamie non riuscì a decifrare il significato di quello sguardo. Aspettativa, forse?
William sorrise.
- Mio padre, John Gray voglio dire, mi ha parlato spesso di voi, sapete Mr Fraser? Nutre la massima stima ed il massimo rispetto per la vostra persona e per la vostra onorabilità, e credo che vi consideri un amico insostituibile, nonostante le... diversità di vedute politiche. Ora ne vedo chiaramente il motivo e non posso che concordare con il suo giudizio.
Un altro commento incomprensibile. Che diavolo stava succedendo?
- Vi sono davvero obbligato, William, e sono certo che voi e vostro padre sapete che contraccambio questi sentimenti con tutto il cuore. Vogliamo... uhm, vogliamo sederci? C'è una panca nell'orto di mia moglie.
- Vi seguo,  Mr Fraser.
Jamie lo precedette nell'orto e spazzò con la mano le prime foglie secche autunnali dal tronco levigato che fungeva da sedile, e fece segno al suo giovane accompagnatore di accomodarsi. Si sedettero fianco a fianco e per qualche momento osservarono l'orizzonte che si arrossava per effetto del tramonto
Poi William si riscosse e la conversazione subì un repentino cambio di rotta.
- Voi siete scozzese non è vero? - domandò - Un Higlander.
- Si, esatto. - sorrise - E' così evidente? La mia tenuta si trova a nord di Inverness, si chiama Broch Tuarach, ma noi la chiamiamo Lallybroch. Ora sono mia sorella e suo marito ad occuparsene, e la proprietà è passata da tempo a mio nipote James Murray.
- Ed è simile a questa?
- Oh no, in verità è molto diversa. E' un piccolo maniero in pietra, ma nonostante questo è considerevolmente più spaziosa della mia attuale abitazione.
- Siete di sangue nobile?
- Sono un laird, per nascita, ma non ho titoli nobiliari. Sono il capo del clan dei Fraser di Broch Tuarach, un ramo minore rispetto ai Fraser di Lovat, attualmente guidati da un mio cugino.
- E' quello che siete anche qui nelle colonie, no? Alcuni uomini sentono come un dovere quello di prendere la responsabilità della protezione e della guida delle persone, e credo che voi siate tra queste. Avete ricostituito il vostro clan qui, e anche se non tutti si chiamano Fraser, vi considerano
comunque il loro laird. Non è così?
Jamie si prese un secondo per rifletterci, e dovette convenire che era vero. Ricordò i tempi della prigionia, quando era successa la stessa cosa: aveva radunato sotto di se tutti i prigionieri scozzesi e ne era diventato, di fatto, il laird. Fu sorpreso dall'arguzia di questa breve analisi, da parte di un ragazzo tanto giovane che non doveva sapere nulla delle tradizioni dei clan.
- Beh, si, credo di si - rispose ammirato
- Perdonatemi, Mr Fraser, non volevo sottopporvi ad un interrogatorio - William produsse un breve sorriso di scuse - in realtà vorrei raccontarvi una storia, che forse potrete trovare interessante. Riguarda un bambino orfano, come me, ed un higlander, proprio come voi.
A queste parole, la famosa maschera di imperturbabilità di Jamie subì uno scossone piuttosto violento. Si voltò repentinamente verso William, gli occhi spalancati, domandandosi cosa mai potesse intendere con quelle parole. Una storia su un bambino e uno scozzese? O quel bambino e quello scozzese in particolare? Jamie fremette. Di paura, ovviamente, ma anche di curiosità. E c'era qualcos'altro, sepolto da ormai 20 anni in fondo al suo cuore. Una irragionevole speranza.


- Bene, dunque. - proseguì William fissando dritto davanti a se - Naturalmente sapete che sono cresciuto coi miei nonni. Mia madre, mi fu detto, morì dandomi alla luce e suo marito si uccise un paio di giorni dopo per il dolore della sua perdita.
A Jamie non sfuggì il singolare uso dell'espresione "suo marito" invece di "mio padre" per riferirsi all'uomo che si supponeva lo avesse generato, così come poco prima lo aveva chiamato semplicemente "il Conte". Strana scelta di parole. Era possibile che Willam sapesse più di quanto John e lui stesso immaginassero?  Speranza. Irragionevole, inimmaginabile, traditrice speranza.
- Si - rispose comunque educatamente - è quanto anche io ho sentito dire, all'epoca. Una circostanza alquanto sfortunata che ha privato un bambino appena nato di entrambi i suoi genitori.
- Questa spiegazione mi soddisfò per molto tempo. Non avevo mai conosciuto mia madre e quindi non l'avevo mai realmente rimpianta, o meglio, rimpiangevo di non avere una madre ma non rimpiangevo la mia madre reale, non avendone avuta l'occasione. Pensavo che fosse molto romantico, peraltro, molto appropriato che mio padre avesse preferito seguirla nella morte piuttosto che vivere senza di lei - si fermò brevemente, arrossendo - dovete perdonarmi... sono stato cresciuto da mia nonna...
Jamie sorrise a sua volta, comprendendo perfettametne cosa intendesse dire. Anche lui avrebbe preferito morire piuttosto che vivere senza Claire, ma non lo interruppe per dirglielo. William dovette leggerglielo in volto, però.
- Suppongo capiate quello che sto dicendo, Mr Fraser, poichè se mi perdonate l'ardire, ho visto il modo in cui guardate vostra moglie e ho scorto gli inequivocabili segni di un amore profondo nei vostri occhi.
Jamie era sbalordito. Come aveva fatto quel ragazzino a intuire esattamente quello che stava pensando? Come poteva leggergli nella mente con la facilità con cui lui leggeva quella di Claire solo guardandola? Non era forse famoso per la sua espressione perfettamente neutra?
- Avete interpretato perfettamente, William - rispose serio - non mi vergogno ne ho difficoltà ad ammetterlo.
- Comunque sia - proseguì William - come dicevo la spiegazione mi soddisfò... fino a quando non cominciai a rendermi conto che se le cose erano davvero andate in quel modo significava che mio padre, l'uomo che si supponeva mi avesse generato, non mi amava abbastanza da restare in vita per me. Che razza di padre abbandona un figlio senza nemmeno darsi la pena di conoscerlo?
Jamie accusò il colpo. Aveva forse percepito un fondo di rimprovero in questa frase? Ma no, era sicuramente frutto della sua immaginazione.
-Certamente non ero in grado di dar voce ai miei pensieri come faccio oggi, potevo avere 5 o 6 anni al massimo, ma vivevo comunque un certo disagio che mi portò a rivalutare la mia affezione per il Conte. Oltre a questo, in quel periodo successero due cose che cambiarono molto il mio punto di vista. La prima cosa fu che cominciai a montare in sella.


William fece una pausa per guardare Jamie, il cui cuore mancò con buona evidenza alcuni battiti.


- Si, come tutti i bambini ero affascinato dai cavalli, e presi a frequentare le stalle spesso e volentieri. C'era uno staffiere, a quei tempi, che sembrava avere un rapporto particolarissimo con tutti i nostri cavalli. Li domava come nessuno era mai stato capace di fare, o così diceva mio nonno, e se ne prendeva cura come se facessero parte della sua famiglia. Molto tempo dopo seppi che era un prigioniero, e che era lontano da casa da molti anni, quindi forse era proprio così che li considerava. Li comprendeva e parlava loro teneramente in quella che io credevo essere una lingua magica nota solo a lui, e ai destrieri naturalmente.
- Gaelico - sussurrò Jamie prima di poterselo impedire
- Era un uomo imponente, - proseguì William senza dar segno di averlo udito -  ma nonostante questo estremamente gentile. Mi fece montare il mio primo pony e da quel momento divenne il mio migliore amico. Lo tormentavo continuamente, gli ero sempre tra i piedi. Non arrivavo nemmeno alla pancia
degli stalloni, ma pretendevo di strigliarli, lavarli, accudirli come faceva lui. E di montarli. Lui si mostrava paziente ma potrei giurare di avergli visto ogni tanto uno sguardo neglio occhi che diceva "levati ragazzino se non vuoi che ti prenda a sculacciate". Aveva un lungo nome scozzese, ma io lo
chiamavo semplicemente Mac.


William sorrideva, evidentemente confortato da quel ricordo.
Jamie teneva lo sguardo fisso sulle sue mani intrecciate sulle ginocchia senza osare muoversi, senza girare lo sguardo, senza quasi respirare per timore che qualsiasi turbamento della sua immobilità avrebbe potuto sfiociare in una frase o un gesto inopportuno che non poteva permettersi.

Ma William evidentemetne aveva deciso di non rendergli le cose semplici, perchè dopo un momento gli chiese
- Capite quello che vi sto dicendo, Mr Fraser?
Mio Dio lo capisco... lo capisco William!
Jamie non rispose, perchè un grosso nodo gli si stava stringendo in gola,  ma riuscì ad annuire impercettibilmentecon il capo, continuando a non guardare William in viso. Con la coda dell'occhio vide Claire e John che li guardavano ansiosamente dalla finestra dell'ambulatorio, John sgomento e Claire... beh un po' meno sgomenta, ma comunque piuttosto accigliata. Chiaramente la loro postura, la loro vicinanza, l'aspetto che Jamie doveva avere erano piuttosto indicativi del fatto che stava  avvenendo qualcosa tra lui e William. Cercò di rivolgere un cenno a Claire, come a dire "è tutto a posto"  ma non fu certo di esserci riuscito prima che  William riprendesse a parlare.


- La seconda cosa che accadde fu che cominciai a prestare attenzione alle chiacchere del personale di servizio. Mi trovavo in quella età peculiare, capite, in cui un bambino è perfettamente in grado di capire qualunque cosa avvenga attorno a lui, mentre le persone, gli adulti, ancora non si sono resi conto di questo semplice fatto. I servi di cucina, la cuoca, le cameriere notavano a malapena la mia presenza, a meno che non cercassi di rubare la melassa naturalmente, e continuavano a parlare come se non ci fossi anche se ero seduto in mezzo a loro con la mia tazza di latte. E così appresi alcune
cose che forse non capii subito perfettamente ma che mi misero sulla strada giusta. Fanny, la cuoca, per esempio, ogni tanto mi guardava con compassione, scuotendo il capo. Povero bambino, diceva. Che nascita difficile. E quello stalliere scozzese.... Non terminava mai la frase, ma sapevo che parlava di Mac, perchè era l'unico scozzese alle nostre dipendenze. Tutti annuivano con sguardi tristi, come se custodissero un segreto ignoto solo a me. Un segreto che io volevo con tutto me stesso conoscere, e che a quanto pareva riguardava la mia nascita... e Mac. Poi un giorno qualcuno accennò, con molta prudenza e circospezione, al fatto che crescendo la mia somiglianza con lo stalliere scozzese diventava sempre più evidente. Drizzai le orecchie, capite, perchè Mac era un modello per me - sorrise - e non solo perchè parlava coi cavalli. Lui non mi trattava con condiscendenza ma mi parlava come se mi considerasse adulto, o questa era l'impressione che avevo. E non si comportava mai come se io non ci fossi. Mi sentii orgoglioso che la gente pensasse che gli somigliavo. Dopo quel giorno, cominciai ad inventare storie su di lui, la sera prima di addormentarmi, su di lui e sul Conte. E in queste storie era Mac il mio vero padre.


A quelle parole, Jamie non riuscì a trattenere le lacrime. La sua maschera di imperturbabilità si dissolse come neve al sole e tutti i suoi sentimenti cominciarono a sfilare sul suo viso. Non si mosse e non si scompose ma grosse rige umide cominiciarono a scendere nel più perfetto silenzio ed immobilità. Sperò con tutto il cuore che William non se ne accorgesse, come avrebbe potuto giustificarsi?


- Quando Mac se ne andò - proseguì William implacabile - fu il primo vero grande dolore della mia vita. Mi mancava immensamente, e anche se aveva promesso che non si sarebbe dimenticato di me, ero inconsolabile. Alcune settimane dopo andai a vivere con John e la zia. Allontanarmi dalla casa dei miei nonni mi fece bene. Cercai di pensare a Mac il meno possibile nei successivi mesi, e piano piano riuscii a dimenticare la tristezza, almeno fino a quando  mia nonna si ammalò e morì. Avevo 11 anni.


William si fermò per prendere fiato, sembrava commosso anche lui, se per la storia che stava raccontando o per il ricordo della nonna scomparsa, Jamie non avrebbe saputo dirlo.


- Qualche giorno prima che morisse, era inferma nel letto, mi mandò a chiamare. Il suo corpo la tradiva ma la sua mente era lucida. Mi chiese scusa perché stava per posare sulle mie spalle un gravoso fardello, un fardello che nessun ragazzino dovrebbe portare a 11 anni, ma disse che non poteva presentarsi davanti al Creatore con quel segreto sulla coscienza. Mi fece giurare su quanto avevo di più caro ancora prima di cominciare a parlare che non avrei mai per nessuna ragione fatto parola con nessuno di quanto stava per dirmi. Vidi l'urgenza sul suo viso moribondo, e giurai. E fino ad oggi, ho mantenuto fede a quel giuramento. Mi prese per mano e mi raccontò tutto. 
- Vi raccontò... tutto? - Jamie tremava, incapace di concedersi di pensare quello che la sua mente gli suggeriva. Aveva sempre sospettato che lei sapesse la verità, ma non pensava che si trattasse di una verità da potersi rivelare ad un bambino, nemmeno sul letto di morte. Cosa gli aveva detto dunque?
- Si, o almeno credo. Tutto quello che avevo bisogno di sapere, comunque. Mi parlò a lungo di mia madre e di come le circostanze la portarono a sposare un uomo anziano che non desiderava. Disse che era stata colpa sua, che si sentiva come se l'avesse uccisa con le sue meni. Non era vero, naturalmente, ma non potei consolarla. Mi raccontò del giorno della mia nascita, quando scoprirono che il Conte non era realmente mio padre. Mi disse che un uomo coraggioso al loro servizio, uno stalliere, mi aveva strappato alla morte uccidendo il marito di mia madre prima che lui uccidesse me in quanto figlio della colpa. Avrei dovuto sentirmi sconvolto dalla rivelazione di essere un illegittimo, e che tutto quello che avevo considerato vero fino a quel momento non lo fosse. La mia vita, la mia nascita, la mia famiglia, chi ero, tutto veniva rovesciato in quel momento. La nonna si aspettava che ne restassi come minimo molto turbato. Ma non fu così. Non fu affatto così. Perchè in quel momento i pezzi del mosaico andarono a posto, tutti i pettegolezzi che avevo udito per anni assunsero un loro preciso significato. Capii senza che lei aggiungesse altro che quello stalliere era Mac, e che se gli somigliavo c'era un motivo: quando mi aveva salvato, non era la prima volta che mi faceva dono della vita.


Jamie, che  aveva recuperato un minimo di padronanza di se negli ultimi minuti, tornò trovarsi sull'orlo dell'abisso. Lo guardava, non poteva impedirselo, protetto dal buio che ormai aveva cominciato a scendere sul Ridge. Non sapeva cosa dire, non sapeva neppure se doveva dire qualcosa. William aveva voluto bene a Mac e ne aveva conservato il ricordo per tutti questi anni e questo era già fonte di immensa gioia per lui, ma fino a che punto il ragazzo aveva saputo o intuito la verità fino in fondo? La commozione che vedeva sul viso di William poteva semplicemente essere legata al ricordo di un periodo particolare della sua vita e non avere nulla a che fare con lui.

Come se gli avesse nuovamente letto nel pensiero, William gli poggiò una mano sul braccio e strinse delicatamente, un altro gesto decisasmente troppo confidenziale per i rapporti che avevano intrattenuto fino a quel momento. Jamie avvampò e strinse le mani sul sedile di legno per impedirsi di ricambiare quella stretta.
- Come vi dicevo, mio padre mi ha parlato spesso di voi Mr Fraser, spendendo tali e tanti apprezzamenti nella vostra descrizione che ho incominciato io stesso ad apprezzarvi quanto lui ancora prima di conoscervi. Ma fino a quando non vi ho visto di persona, beh, voi e Brianna naturalmente, non avevo veramente compreso. Conservavo un ricordo piuttosto vago di Mac dal punto di vista fisico, capite, ero piuttosto piccolo l'ultima volta che lo vidi. Incontrarvi è stata una rivelazione, ma in un certo senso attesa. Come quando non rimasi sconvolto dal racconto di mia nonna, allo stesso modo quando sono arrivato al Ridge alcuni pezzi del mosaico della mia vita sono andati spontaneamente al loro posto tutto d'un tratto. Perciò capisci - disse infine aumentando ancora il grado di confidenza - perchè non posso chiamarti James. James Fraser è il nome dell'amico di John Gray, e non ha alcun significato per me. Ma ti sarei infinitamente riconoscente se mi premettessi nuovamente di chiamarti Mac.



giovedì 4 agosto 2016

DI PRIVILEGI

Purtroppo devo rassegnarmi: da ora in poi, una consistente parte delle mie finanze dovrà essere dedicata al ripristino del colore della chioma. Ieri in ascensore - ma come cazzabubola mi è venuto in mente - ho abbassato la testa, e ho visto. Fili argentei ovunque sui miei riccioli.
Questo non è possibile, di più: non è nemmeno concepibile!
Ma quando è successa 'sta cosa?
Che poi, fossi alta 1.80 pace, chi me la vede la cima della capoccia?
Ma io sto sul metro e mezzo, praticamente se ne accorgono anche i compagni di classe del Nin!
No no, non va mica bene, non va.


Invecchiare è questo.

Quando hai 20 anni e, che so, un giorno ti fa male una spalla, sai che prima o poi ti passa e che torni come prima, e nn ci pensi più. Ma alla mia età? Quanto ti prende un acciacco più che altro la consapevolezza che ti assale è che te lo porterai dietro per sempre, nel senso che magari migliora, magari mica sempre ti fa male, ma comunque è lì, in agguato. Attende nell'ombra.
Così il mio collo incriccato può star peggio sotto l'aria condizionata e meglio al calduccio sulla spiaggia, ma sempre incriccato resta. Il mal di schiena che mi ha sorpreso lo scorso inverno regalandomi due nuovi amici migliori (Voltaren e Muscoril) ora non c'è più, ma prova a fare
un movimento un po' più così invece che cosà che subito i muscoli mi dicono "ehi, oh! che fai? Occhio neh? siam sempre qui pronti!"


Per non parlare della vista, quella è una tragedia vera.
Me ne sono accorta da qualche mese a questa parte, perchè devo allontanare le cose che leggo. Oddio che ansia! La sera specialmente, con gli occhi stanchi, un disastro totale. Intuisco quel che c'è scritto attraverso il velo di una indecente sfocatura e le forme indistinte delle lettere. Praticamente leggo per esperienza. Finchè mi basteranno le braccia bene, dopo dovrò rassegnarmi a mettermi qualcosa sul viso.  E non c'è prprio rimedio.


Ecco cos'è: invecchiare è irrimediabile.
Ma poi ci penso bene e capisco che non è il caso di lamentarsi: dopotutto è un privilegio che non a tutti è concesso.



mercoledì 3 agosto 2016

22 LUGLIO - 3 AGOSTO.

I giorni sono venuti e andati, o quasi,  e mi sembra il caso di prendere coscienza della cosa.


Si, sono ufficialmente la madre orgogliosa di un adolescente di 16 anni e un bambino di 9.


Ric li ha compiuti qualche giorno fa, ha avuto come Vedetta sa bene il suo regalo :-) e pure la sua festa di compleanno. Li abbiamo accompagnati, lui ed alcuni amici, a un aperitivo in un locale vicino a casa (ma non tanto vicino da andarci a piedi), poi sono venuti a casa e in 5 incluso il festeggiato hanno dormito da noi. Ormai è uso, e devo dire che non mi dispiace. Durante queste feste succede un po' di tutto, anche che una madre con la passione degli uomini in kilt si trovi con un figlio in gonna (!!!). Diciamo che essendo in casa è un po' l'occasione per mollare gli ormeggi. Svegli fino a tutte le ore, non voglio nemmeno provare a cominciare a immaginare quali peccaminosi segreti si consumino dietro la porta della sala. Un po' come avere Peyton Place dentro casa, per dire.
Ehm no, mettete giù il telefono, non serve chiamare i servizi sociali. Sto scherzando :-)
So perfettamente cosa accade: ridono, scherzano, bevono una birra o due e guardano film di paura,
che in ogni tempo e luogo resta una valida scusa per abbracciare una ragazza che non ti competerebbe, con la scusa di proteggerla dai morti viventi e dalle maligne dame nere. Qualche lamentela dai vicini, qualche scusa di circostanza, ma sempre pensando "ehhhh che sarà mai, mica festeggia tutte le sere, esagerati!" e la giornata passa. 16 anni compiuti. Che impressione.


Il Nin in compenso, lui beh.... normalmente non lo tiro giù dal letto manco con le cannonate, ma stamattina 6.30 era già sveglio. E' pronta la colazione mamma? Ho fame!!! Certamente il fatto che normalmente noi ci si scambi i regali durante la colazione non ha avuto il minimo peso in questo suo improvviso attacco di appetito fulminante mattutino! Beh, l'ho fatto penare un po'... ma alla fine ha avuto la sua colazione ed anche i suoi pacchetti, ed è stato ovviamente molto contento. Ha schifato il bombolone alla crema in cui era infilata la candelina di rappresentanza (le brioches mamma non sono fatte per essere mangiate a colazione!!! Convinto lui...) e ha ricominciato tutto daccapo, colazione e regali, dopo nemmeno un'ora, arrivato a casa di mia mamma.


E pensare che ci sono persone a cui i compleanni non piacciono!!!!

martedì 2 agosto 2016

TRIC TRAC TRIC TRAC


Giornate complicate in ufficio.
Uno dei nostri fornitori è fallito e siamo in pieno marasma.
Perchè ovviamente se un fornitore alberghiero va gambe per aria, quando vuoi che lo faccia? A fine ottobre? Sia mai! il 15 luglio, giusto per gradire, perchè altrimenti non ci divertiamo abbastanza. Quindi via, saltare i fossi per il lungo.
Oh!! Io-non-c'ho-più-l'età-cazzarola!!


Sul fronte casalingo abbiamo gestito (...) una piccola emergenza dovuta al fatto che il GG ha sbagliato a prendere le ferie e si trovava una settimana sfasato rispetto alle mie. Non che sia grave ma questa roba mi ha precipitata in un fottutisismo circolo vizioso di tristezza, rabbia, brutti ricordi nonchè una fastidiosa infestazione di fantasmi di vario genere.
Cazzi miei, va bene, mica dico di no.
Però insomma... la cosa era già successa, diversi anni fa, e lui aveva inizialmente sostenuto di essersi sbagliato. Poi messo alle strette aveva ammesso di averlo fatto apposta per "mettersi alla prova" passando del tempo solo coi figli (che potevano avere 3 e 10 anni, o 4 e 11). Ai tempi, la mia netta impressione fu (ed è ancora ripensandoci) che fosse una gran bella balla fatta e finita, e che lui avesse programmato le ferie diciamo concordandosi con qualcuno che non ero io. O magari, non volendo proprio scadere nel complottismo più bieco, anche solo che non avesse voglia di stare due settimane
con me tra i piedi.


Ora per carità è passato tanto tempo e la situazione non è la stessa di allora, però purtroppo il mio cervello è ancora lo stesso, che volete farci.

Tric trac tric trac, gira rotola rimugina e saltella, non ti scordar che la vita è bella
Tric trac tric trac, ragiona sobbalza ballonzola e zampetta, avrà mai fine questa scenetta?

Comunque ha parzialmente risolto e ora ci troviamo solo con un paio di giorni di sfasamento il che tutto sommato va bene. Dai, va bene. Ora ho da gestire gli strascichi emotivi che, ve lo sto dicendo, sono una gran rottura di palle.